AUDIZIONE DEL MINISTRO DEL
TESORO, DEL BILANCIO E DELLA P.E.
VINCENZO VISCO
Commissione Bilancio, Camera dei
Deputati
Mercoledì 28 giugno 2000
Signor Presidente, Onorevoli colleghi
Il divario che tuttora persiste fra
le condizioni del Mezzogiorno d'Italia e il resto del Paese rappresenta,
per il governo, il punto d'impegno più forte e più urgente.
Lo è stato, per la verità,
fin dall'inizio di questa legislatura, e se soltanto oggi cominciano a
manifestarsi i primi segnali di una inversione di tendenza, ciò
è dipeso dalla complessità dei problemi da affrontare da
un lato e, dall'altro, dalla scelta dei governi passati di affrontare tali
problemi con un impianto metodologico e normativo capace di incidere strutturalmente
sui processi di intervento. Del resto è bene tener presente che
uno strumento di intervento del quale oggi tutti apprezzano l'efficacia
- la legge 488 - ha avuto bisogno di circa 3 anni per andare a regime e
dare frutti. Oggi, a tre anni di distanza dall'avvio delle nuove strategie
per il Mezzogiorno, i risultati cominciano ad emergere e si dispiegheranno
con crescente evidenza nei prossimi mesi: per l’anno in corso, è
possibile una crescita del prodotto interno lordo nel Mezzogiorno superiore
al 2%. Negli anni successivi è lecito attendersi che l’economia
meridionale si avvicini progressivamente al tasso di sviluppo medio europeo,
per raggiungerlo nel 2002 e attestarsi successivamente su valori non inferiori
al 4%.
Non si tratta di scenari implausibili.
I flussi turistici e le esportazioni meridionali sono in continua crescita
dai primi anni novanta e, dopo una fase di flessione, si è manifestata
una ripresa tanto degli investimenti fissi lordi quanto degli investimenti
diretti dall’estero.
Del resto, i recenti rilevamenti Istat
sull'occupazione rivelano che proprio nel Mezzogiorno i posti di lavoro
stanno crescendo ad un ritmo maggiore di quello del resto del Paese.
La strategia che ha segnato l’intervento
nei confronti del Mezzogiorno attuata dai governi di questa legislatura
è stata, ed è, centrata su una radicale riqualificazione
degli investimenti pubblici basata a sua volta su due elementi: un rapporto
diverso – di trasparente negoziazione – fra i diversi livelli di
governo ed un atteggiamento diverso – centrato sulla valutazione
ex-ante, in itinere ed ex-post – dell’amministrazione centrale.
Questa strategia ha trovato una sua
prima concretizzazione nel Quadro comunitario di sostegno (QCS) 2000-2006
che conserva all’Amministrazione centrale la responsabilità
degli indirizzi generali, delle regole di selezione dei progetti, di negoziazione
con le Autonomie locali e di competizione fra queste e del monitoraggio
sull’applicazione delle regole e dei risultati.
Simultaneamente, il QCS attua
una strategia di profondo decentramento della spesa in conto capitale e
delle nuove regole per gli investimenti pubblici.
Con l’approvazione del QCS da
parte della Commissione europea e la prossima adozione dei programmi operativi
nazionali e regionali, il Mezzogiorno potrà contare, nel settennio,
su un ammontare di risorse pari a circa 98 mila mld. di lire – inclusivi
dei cofinanziamenti nazionali – di cui circa 14 mila solo per il 2000.
Il 70% di tali risorse è affidato alla gestione delle Regioni.
Elemento cruciale di questo percorso
virtuoso è l’effettiva implementazione del programma di ampliamento
e riqualificazione degli investimenti pubblici sostenuto dall’attuazione
del Programma di sviluppo del Mezzogiorno 2000-2006, prima, e ora
dal Quadro comunitario di sostegno.
Un programma che porterà a raggiungere,
nel 2002, un volume di investimenti pubblici nel Mezzogiorno pari al 46%
del totale della spesa in conto capitale (e che ha già fatto sì
che negli ultimi due anni il ritmo di crescita della spesa in conto capitale
nel Mezzogiorno sia stato superiore a quello registrato in aggregato: 15%
circa nel 1998 e 20% circa nel 1999).
E' del 22 giugno scorso la delibera
con la quale il Cipe ha dato il via ai primi finanziamenti di questo programma.
L'azione svolta in questa legislatura,
per quanto riguarda l'utilizzazione dei fondi comunitari 1994-1999 – ha
già dato concreti risultati, fra cui:
-
il coinvolgimento di circa 160 mila studenti
nei programmi di riduzione della dispersione scolastica;
-
l’accelerazione di alcuni programmi infrastrutturali,
fra cui la Messina-Palermo i cui lavori verranno completati entro il 2001;
-
le azioni di recupero e qualificazione
delle aree urbane più degradate del Mezzogiorno: da Cosenza a Lecce,
da Catania a Palermo;
-
gli oltre 50 progetti volti a dotare musei
e aree archeologiche meridionali di servizi aggiuntivi di orientamento
e accoglienza e a migliorare la qualità della fruizione.
Anche i prossimi mesi saranno dedicati
all’attuazione degli impegni presi ai fini della riqualificazione degli
investimenti pubblici estesa anche al centro-nord: saranno immediatamente
avviati i programmi operativi regionali in corso di chiusura a Bruxelles,
avvalendosi anche dell’opera delle constituende unità tecniche regionali,
sarà individuato e avviato, da parte della neo-costituita unità
per la finanza di progetto, un pacchetto di opere infrastrutturali da finanziare
con risorse private, saranno predisposti 30-40 rilevanti progetti integrati
finanziati con le risorse per le aree depresse.
In questo quadro, la programmazione
negoziata va intesa non già – come erroneamente è stato
spesso fatto in passato – come lo strumento per la soluzione della
questione meridionale, ma piuttosto come uno degli strumenti a disposizione
dell’azione pubblica.
Patti territoriali, contratti d’area
e contratti di programma sono strumenti rivolti ad obbiettivi specifici
(il sostegno dello sviluppo locale, i processi di deindustrializzazione,
l’attrazione di investimenti ad elevato contenuto tecnologico) la cui portata
– in termini di risorse coinvolte – non è paragonabile a quella
implicita, ad esempio, nel programma infrastrutturale contenuto nel QCS.
Essi non vanno, quindi, caricati di significati impropri. E’ necessario,
piuttosto, che convivano e progressivamente si integrino con strumenti
a carattere automatico e generale come, già oggi, la legge 488 e
come, ad esempio, il futuro credito d’imposta per gli investimenti nel
Mezzogiorno.
Ad oggi, oltre 3 mila aziende hanno
partecipato ai 61 patti territoriali già approvati e ai 15
contratti d’area e protocolli aggiuntivi sottoscritti nel 1999;
la copertura di popolazione delle aree di patto è di circa il 22%
di quella italiana e del 41,7% della popolazione meridionale. Sono 1.100
inoltre gli imprenditori che saranno finanziati con le risorse destinate
ai 28 patti le cui istruttorie si sono concluse entro il 10 ottobre scorso.
Sono infine 115 le domande di accesso
alla sottoscrizione di contratti di programma da parte di grandi
e medie aziende così come da parte di consorzi di piccole e medie
imprese. Di esse, 12 sono relative al settore agricolo, 4 alla pesca, 14
ai comparti agroindustriali, 41 ai settori industriali, 7 ai servizi, 34
al turismo e 3 ad iniziative multisettoriali.
Naturalmente si tratta di domande che,
in molti casi, non possiedono quei requisiti di completezza e attendibilità
necessari perché si configurino come vere e proprie proposte di
investimento: l'amministrazione ha infatti il compito di vagliarne il merito
per definire la loro ammissibilità.
In ogni modo, per i contratti di programma
sono adesso disponibili le risorse previste dalla delibera del Cipe del
febbraio scorso che ha segnato l'avvio operativo dei finanziamenti dopo
che, nel '99, come è noto, le risorse ad essi destinate erano state
spostate sui contratti d'area.
Non a caso, dopo la delibera di febbraio,
un primo contratto di programma è stato già approvato nella
seduta del Cipe del maggio scorso.
Dal 1994 al 1999 sono stati erogati
per gli strumenti della programmazione negoziata finanziamenti per circa.
5.600 mld. Fino a tutto il 1998 si è trattato quasi esclusivamente
di finanziamenti per i contratti di programma. Nel 1999 lo strumento dei
patti territoriali è andato a regime (tre anni dopo l’introduzione,
non diversamente da quanto già accaduto per la legge 488) assorbendo
circa 375 miliardi di lire.
Si tratta di una somma che solo apparentemente
risulta modesta rispetto agli stanziamenti complessivi: essi, infatti,
riguardano l'intero periodo di previsione che abbraccia un triennio: le
somme che ogni anno possono essere utilizzate sono, quindi, relative alla
quota parte di quegli stanziamenti e corrispondono a circa un terzo del
totale.
Inoltre va ricordato che, in base alle
attuali procedure, le erogazioni, più che alla decisione del ministero,
sono legate alla capacità del soggetto responsabile di utilizzarle
concretamente e quindi chiederle: quando queste circostanze si sono verificate,
le erogazioni sono avvenute nel giro di pochissimi giorni.
Ad oggi, per i patti territoriali sono
stati erogati nelle Regioni meridionali 615 miliardi di lire (di cui 379
per i patti finanziati esclusivamente con risorse nazionali e 236 per i
patti comunitari). Per i 15 contratti d’area sono stati erogati 673 mld.
In ambedue i casi con una forte accelerazione dei pagamenti nel primo trimestre
2000 e con una crescente attivazione delle iniziative.
Oggi, non di nuove risorse ha bisogno
la programmazione negoziata ma di certezze, nel breve periodo, e
di prospettive chiare in un’ottica più lontana nel tempo la
cui responsabilità appartiene all'amministrazione centrale ma anche,
e soprattutto, all'efficienza di quelle locali.
Proprio per queste ragioni, dopo una
fase iniziale necessaria per la messa a punto di un piano operativo, sono
state adottate una serie di decisioni volte, appunto, a fare chiarezza
sull'intera materia, ad offrire agli operatori punti di riferimento certi
e ad accelerare tutte le procedure per la realizzazione delle iniziative
di investimento a livello locale.
-
E' stata emanata una direttiva del
Ministro del Tesoro che ha definito compiti e scadenze a cui gli uffici
dovranno attenersi per la piena operatività delle strategie per
le politiche di sviluppo;
-
E' stata la costituita l’Unità
per la finanza di progetto;
-
E' in corso la procedura per la nomina
del nuovo capo del Dipartimento per le politiche di sviluppo;
-
Sono state definite le modalità
di collaborazione con la società Sviluppo Italia;
-
E' stato adottato il regolamento che
disciplina l’individuazione del responsabile unico e del soggetto responsabile
del contratto d’area e del patto territoriale, le loro modalità
di finanziamento e i criteri per la revoca delle agevolazioni.
Con la stessa delibera Cipe del 22 giugno
scorso, prima ricordata, è stato delineato un quadro di certezze
per i patti già attivi – per i quali il monitoraggio è già
cominciato - nonché per l'eventuale rimodulazione dei fondi già
assegnati.
Quanto a quelli che non hanno ancora
terminato il loro iter procedurale, con la stessa delibera è stato
posto riparo ai problemi determinati da alcuni disposizioni amministrative
non sempre puntuali ed è stato quindi definito un quadro di certezze
per il futuro. Per il futuro, l'impegno principale, nell’ambito della regionalizzazione
dei patti territoriali, riguarda il rapido espletamento delle procedure
relative ai bandi territoriali della legge 488.
Per quanto riguarda i contratti d’area,
il Governo conferma quanto già deciso d’intesa con le parti sociali
e cioè la limitazione del numero dei nuovi contratti (fermandosi,
in particolare, a quelli previsti per legge, Avellino e Salerno, ed a quello
di Montalto di Catsro che non prevede finanziamenti) e dei nuovi protocolli
aggiuntivi (ammettendo solo quelli collocati nelle Regioni obbiettivo 1
e relativi a contratti d’area rimasti al di sotto dei 300 mld. di investimenti:
e cioè Agrigento, Gela, Messina, Sulcis, Sassari, Torrese-Stabiese).
Per quanto riguarda, ancora, i contratti
di programma, il Ministero ha già identificato una griglia in base
alla quale procedere alla stipula di circa 10 contratti di programma entro
il 2000 di cui 5 entro l’estate.
Infine, è opportuno chiarire
il ruolo che in questo contesto è affidato a Sviluppo Italia che,
com’è noto, è partecipata al 100% dal Ministero del Tesoro.
Un ruolo oscurato, per tutto il 1999, dall’opera di riassetto delle società
oggi incorporate in Sviluppo Italia.
Nella sfida per lo sviluppo economico
e sociale del Mezzogiorno, il Ministero considera la società Sviluppo
Italia come il proprio braccio operativo e come lo strumento per la esternalizzazione
di alcune funzioni tipicamente svolte dalla Pubblica amministrazione. In
questa visione è naturale immaginare che a Sviluppo Italia possano
essere affidati, con modalità anche temporali che si stanno attualmente
discutendo congiuntamente, il marketing territoriale (riferito all’intero
territorio nazionale), e, dal prossimo anno, i contratti di programma.
O, ancora, l’attività di supporto alle istituzioni regionali e di
consulenza allo sviluppo per i diversi soggetti che gestiscono progetti
(ad esempio, la riconversione di aree industriali dimesse, l'accompagnamento
di distretti nel processo di emersione, l'attuazione di forme di semplificazione
amministrativa come lo sportello unico). O, come già accade oggi,
la gestione delle leggi speciali (legge 44, legge 236, eccetera). O, infine,
le attività di "vecchia" e "nuova" finanza e cioè la gestione
degli aiuti di stato (Ribs, eccetera) e l’avvio di forme di venture
capital o di incubatori di impresa.
Naturalmente, ciò implica una
stretta dipendenza funzionale fra Amministrazione e Sviluppo Italia ed
una piena e convinta adesione di Sviluppo Italia agli indirizzi strategici
del Governo.
Sviluppo Italia dovrà conformarsi
strettamente alle scelte del governo in tema di politiche di sviluppo regionale
ed in particolare la sua presenza territoriale dovrà essere sinergica
rispetto alle scelte del Governo in tema di sviluppo locale.
Signor Presidente, Onorevoli colleghi
L'Italia, in questi anni, ha compiuto
un passaggio straordinario, che pochi in Europa e pochissimi nel nostro
Paese, ritenevano realizzabile. Abbiamo scongiurato il rischio di estromissione
dal consesso dei grandi Paesi, abbiamo ricondotto la finanza pubblica sui
binari dell'equilibrio, abbiamo abbattuto il debito e riportato l'inflazione
al livello europeo. Contemporaneamente siamo riusciti a dare al sistema
produttivo quei sostegni che hanno impedito, nella fase del grande sforzo
di risanamento, un crollo o una recessione. Adesso, a risanamento compiuto,
l'Italia ha agganciato saldamente l'onda dello sviluppo europeo e, se non
verranno commessi errori e verranno perseguiti con tempestività
gli interventi necessari, il Mezzogiorno del nostro Paese potrà
trovare un abbrivio capace di imprimere alla sua crescita una velocità
anche maggiore di quella media nazionale ed europea.
E' nostro impegno perseguire tale obiettivo
ed è nostra convinzione che si tratti di un obiettivo raggiungibile.
Grazie.