Giovedì
7 Dicembre 2000 italia
- economia
Lo rileva la relazione sulle aree
depresse che a giorni il ministero del Tesoro presenterà alle Camere
ROMADei
quattromila miliardi erogabili per patti territoriali, contratti d’area e
contratti di programma ne sono stati effettivamente spesi solo la metà. Ultimi
in classifica i patti territoriali che su 1.300 miliardi di risorse erogabili
(esclusi i cosiddetti patti europei) ad ottobre di quest’anno avevano usufruito
di appena 549 miliardi. Un risultato insoddisfacente, che, tuttavia, se letto
storicamente, conferma la positiva inversione di tendenza cominciata lo scorso
anno con l’eliminazione delle numerose strozzature burocratiche che avevano
ostacolato il decollo dei patti territoriali.
È quanto emerge dalla terza relazione sugli interventi nelle aree depresse,
messa a punto dal Dipartimento per lo sviluppo del ministero del Tesoro, che
verrà presentata al Parlamento nei prossimi giorni. Un documento corposo, in
cui è evidente la volontà di fornire un chiarimento sui fondi effettivamente a
disposizione della programmazione negoziata e dei patti, in particolare, che
sono stati oggetto recentemente anche delle critiche della Corte dei conti.
Ma andiamo con ordine. A disposizione della programmazione negoziata nel
periodo 1998-2000 ci sono 13.646 miliardi per i quali sono stati assunti
impegni pari a 12.504 miliardi. Di questi ultimi, però, solo 8.900 — sottolinea
il Tesoro — «sono considerabili attivi, ossia in grado di trasferire risorse
finanziare all’economia, all’ottobre 2000».
Per maggiore trasparenza, dalle risorse attive sono poi sottratti i mille
miliardi destinati ai patti comunitari per l’occupazione i quali, usufruendo di
differenti modalità di erogazione, non sono comparabili con gli altri
strumenti. Ecco allora che si arriva ai 7.900 miliardi di impegni attivi di
cui, però, effettivamente erogabili ad oggi sono solo 4.184 miliardi, ovvero
poco meno di un terzo dello stanziamento iniziale. Una cifra che, secondo il
Tesoro, rappresenterebbe il massimo risultato possibile «in assenza di ritardi
da parte di amministrazione centrale, autorità locali e imprese».
Ma di ritardi, invece, ce se ne sono stati e così il bilancio finale si
attesta, complessivamente, poco al di sopra dei duemila miliardi e per i patti
si ferma a quota 549 (un dato sottostimato, si sottolinea nella relazione,
poiché non si tiene conto dei patti comunitari che avrebbero portato le
erogazioni complessive a 900 miliardi). «La differenza tra erogazioni e
tiraggio potenziale è attribuibile inzialmente «al forte ritardo
dell’amministrazione centrale», ovvero del Tesoro, ma successivamente ai
«ritardi cumulatisi in sede locale da parte pubblica e privata».
In altre parole, il Tesoro sostiene che se è vero che fino al ’99 i patti hanno
funzionato male per colpa delle strozzature burocratioche e delle regole
confuse imposte da Roma, a partire da quella data la maggiore responsabilità
sullo scarso tiraggio dei fondi deve esserre addossata a chi in periferia non
ha saputo far la propria parte: gli enti locali quando non hanno rispettato le
scadenze e gli impegni assunti con il patto e quelle imprese che hanno presentato
progetti di scarsa qualità. Non a caso le iniziative avviate nei diversi patti
— aggiunge il Tesoro — «mostrano erogazioni pari al tiraggio potenziale».
Nel documento si evidenzia, infatti, che all’interno dei 51 patti nazionali
(esclusi quindi i dieci europei) non c’è affatto omogeneità sul fronte
dell’utilizzazione delle risorse. Tant’è che «10 patti si collocano su una
quota superiore al 60% mentre 9 sono sotto il 10%». Questo confermerebbe —
sempre secondo quanto si legge nella relazione — «la natura ormai
prevalentemente locale delle difficoltà».
Un’affermazione pesante, che tuttavia si scontra con le buone performance dei
patti europei caratterizzati, fin dall’inizio, da una forte autonomia dei
soggetti responsabili rispetto all’amministrazione centrale. Dalla tabella
inclusa nel documento emerge che nonostante i patti europei siano diventati
operativi solo a partire dal ’99 il rapporto tra risorse erogabili ed erogate è
pari all’80 per cento.
Barbara Fiammeri